sabato 21 maggio 2011

Guardavo i miei nonni pregare (intervista a don Pietro Lanza, rettore del seminario cattolico -bizantino di Cosenza)


GUARDAVO I MIEI NONNI PREGARE

Don Pietro Lanza, rettore del seminario della chiesa bizantina di Cosenza. sacerdote nella Chiesa Santissimo Salvatore voluta nel 1978 dal Vescovo di Lungro, Giovanni Stamati e dal Vescovo di Cosenza, Enea Selis, affinché fosse adibita al servizio degli italo – albanesi che provenivano dai paesi della provincia.


Don Pietro qual è la storia della chiesa di cui lei è parroco?

Questa chiesa svolge un servizio che è sia liturgico che culturale del mantenimento della tradizione originaria del rito sia nei canti che nelle vesti. Era una chiesa che apparteneva ad una congrega poi sparita nel corso dei secoli ed è stata affidata agli Albanesi, perché posizionata in un punto strategico di Cosenza, nel centro storico con la finalità di fare ricordare agli stessi le tradizioni del passato, che oggi come ieri sono volute dalla chiesa di Roma. Si trova in prossimità dei due fiumi, accanto all’Archivio di Stato, là dove l’acqua diventa una sola e prospetta quale deve essere il futuro della chiesa, l’unità delle differenti tradizioni.

Qual è il rito particolare?

Il rito è legato alla tradizione. L’altare è separato dall’assemblea, dall’iconostasi che è una sorta di parete, di materiali vari nello stesso tempo separa e unisce il sacro all’umano, in alto ci sono una serie di figure salvifiche che ispirano il fedele che osserva, richiamando al mistero e alla rivelazione di Dio.

Perché è diventato sacerdote?

Non è stata una mia scelta, in realtà è stata una chiamata ad una voce che fievolmente si percepisce. Ho sentito la mia vocazione dalla mia famiglia innanzitutto, dai miei nonni che vedevo pregare da piccolo senza capire bene che cosa facessero. Un qualcosa che, di sotterraneo, entra nei polmoni come l’aria e ci forma.

Chiesa Ortodossa e Chiesa Bizantina quali sono le differenze?

Noi siamo distaccati dalla chiesa ortodossa, perché viviamo in Occidente, ma la chiesa di Roma ci impone di mantenere le nostre tradizioni per testimoniare il fatto che essa non ha voluto cancellare nulla delle nostre tradizioni orientali. Il nostro abito talare è rimasto ancorato al primo millennio della Chiesa, ma il messaggio di Cristo si attualizza interpretandolo e adattandolo. Un ponte di unione delle due grandi chiese è stato quello del sinodo Inter-eparchiale, l’11 gennaio del 2005, con Giovanni Paolo II che ci ha esortati ha mantenere le nostre tradizioni come ponte di unione tra la chiesa Occidentale e quella Orientale.

La santa sede ha preso del tempo sulla nomina del nuovo Vescovo di Lungro?

Ha nominato, infatti, il Vescovo Salvatore Nunnari, questo per noi è un momento di vera grazia, perché con fare paterno ci sta aiutando a vedere ciò che per abitudine a noi interni è sfuggito e riprendere le tradizioni perse di modo di essere una chiesa orientale in ambito dell’unica chiesa universale. Ci sono nuove vocazioni, oggi e da questa condizione il segno di una chiesa che come un albero continua a produrre.

martedì 17 maggio 2011

Pietre di Pane - antropologia del restare


e "Vi racconto i tre Papi" - Pillole di fede
in VoceGiovani -
Mezzoeuro settimanale
d'informazione regionale
del 13 maggio 2011,
n. 19 anno 10


Maria Pezzi e la sua vita fra Cosenza e il Vaticano
Anni di storia pontificia tutti nella mente e nel cuore

Laica ex insegnante di lettere che vive tra la Capitale e la parrocchia Sant'Aniello. la sua esperienza in Vaticano è iniziata da bambina col Pontefice e continuata con Giovanni XXIII e proseguita fino all'elezione al soglio ponteficio di Giovanni Paolo II

Comìè iniziata la sua esperienza in Vaticano?

La mia esperienza in Vaticano nasce con la fortuna di essere stata educata in un collegio salesiano. Ero molto piccola quando nel 1956 ho avuto la gioia di accompagnare, una fondatrice di un istituto religioso, perché era attesa dal Santo Padre e l’allora Cardinale Maglione ci ricevette per introdurci a Papa Pio XII.

Com’era questo Papa?

Conservo un bel ricordo. Persona autorevole e di poche parole. Il tipo principesco della Chiesa, d’altra parte veniva da una famiglia aristocratica. Lo chiamavano “il Papa del tavolino”, perché era un grande studioso, ma ad accezione di noi che frequentavamo il Vaticano, pochi sapevano di quanto fosse, in realtà, semplice e silenzioso e amante della preghiera. Rigoroso ma a mio avviso faceva bene ad esserlo, perché i tempi allora erano duri. Nel Vaticano vigeva rispetto e religiosità.

Un ricordo particolare di Pio XII …

Era di grande rigore il clima che si respirava allora con Papa Pacelli. Anche gli operai che erano addetti alla manutenzione avevano l’obbligo di ritirarsi alle tre pomeridiane, perché il Santo Padre scendeva in preghiera nei giardini. Un operaio distratto continuò il suo lavoro e vedendo d’improvviso il Papa, per la vergogna si buttò, letteralmente, in un roveto, graffiandosi tutte le mani, pur di non farsi scorgere. Diverso fu con Giovanni XXIII.

Giovanni XXIII era davvero il Papa di tutti?

Era un Papa di corridoio. Non stava mai fermo e andava a “rompere” le porte del Vaticano, non con il martello, ma con le uscite frequenti e santificanti. Ha aperto a tutti poveri e potenti.

Un ricordo particolare di questo Papa …

Era la sera dell’Epifania e lui andava a distribuire i doni ai figli dei dipendenti del Vaticano. Era tardi, verso le sei di sera, pioveva e si camminava a passo svelto, lo incontro con altri due, un monsignore e il suo segretario. Aveva appena attraversato il portone di bronzo, la piazza e si dirigeva verso l’arco delle campane come un semplice sacerdote. Mi fermarono nella mia corsa, ero diretta a Santa Marta per andarmi a confessare, e uno di essi mi disse: “Ma figliola chiedi almeno la benedizione al santo padre!”. Presa dall’emozione non esitai ad esternargli la mia sorpresa di incontrarlo proprio lì, in piazza San Pietro. Sorridendomi mi pose una mano sulla testa e mi rispose: “il Signore andava così per le vie della Palestina”.

Di Giovanni Paolo II quali i ricordi più belli?

La prima volta che l’ho incontrato è stata alla segreteria vaticana.
Rimanemmo tutti sorpresi nel vedere lui, arrivare, così, senza avviso, ma era solito farlo. Mi diede una corona del rosario che custodisco gelosamente. Un altro bel ricordo è stata l’occasione del suo onomastico, mi trovai in quella serata, perché il Santo Padre volle estendere l’invito anche ai parenti intimi dei suoi ospiti e a qualche persona che svolgesse un lavoro di una certa vicinanza al Vaticano (io all’epoca insegnavo in un collegio salesiano e avevo praticato la catechesi per i quartieri più degradati di Roma con padre Lombardi, il microfono di Dio). Fece attendere tutti, e il clero romano, ben 22 minuti, che era una cosa assurda per il cerimoniale del vaticano. Apparso sulla porta con un sorriso esclamò: “Mi avete voluto, e adesso mi dovete sopportare".

Ditti e Mali Ditti