sabato 16 aprile 2011

Io, suora senza velo




In Mezzoeuro del 9 aprile 2011,
anno 10 numero 14
"Pillole di fede" in VoceGiovani





Specializzata in studi teologici presso l’Istituto di Scienze religiose di Rende. Lavora in un centro di ascolto della diocesi cosentina. A Cerisano ha avuto il primo incarico di servizio, la gestione di una casa di accoglienza l’Oasi Sant’Antonio.

Giuseppina Di Leone è stata consacrata nell’Ordo Virginum, l’8 dicembre del 2001 in Cattedrale. Originaria di Saracena della diocesi di Cassano Ionio. Specializzata in Studi teologici presso l’istituto di Scienze religiose di Rende in provincia di Cosenza, ha conseguito il titolo di “Counseling socio/educativo” con indirizzo pastorale e lavora in un centro di ascolto della diocesi cosentina. Vive, da 14 anni, nella comunità di Cerisano, in provincia di Cosenza. Qui ebbe il primo incarico di servizio per la chiesa, la gestione di una casa di spiritualità e accoglienza “Oasi sant’Antonio”.


Suor Giuseppina la sua vocazione da che cosa nasce?

Dall’esperienza fatta nel mondo, come comunità, famiglia e anche nel fidanzamento, in cui è avvenuto il processo di discernimento e che mi ha fatto capire che l’esperienza di chiesa per me era più importante di ogni altra cosa. Con i vari percorsi, che si portano avanti nella vita ecclesiale, sono stata chiamata nell’ ”Ordo Virginum”.

Qual è la caratteristica principale di quest’ordine?

Forse non tutti sanno che è la prima forma apostolica femminile, prima della vita monastica, la più antica forma di missione sulle orme di Gesù, rivalutata con il Concilio vaticano II e con l’azione di Paolo VI. È una forma apostolica riconosciuta dalla Chiesa, che dà la possibilità di vivere la verginità per il regno dei cieli, ma senza l’accettazione di un velo, in una libertà di spirito e di corpo. Le caratteristiche maggiori sono la sponsalità e la diocesanità, cioè appartenere a Cristo in un determinato territorio e nel contesto anche lavorativo. Si condivide la vita comunitaria della Chiesa di appartenenza, nella sua realtà presente e nella sua storia. Il nostro fondatore è direttamente Cristo e il garante della consacrazione è il Vescovo.

L’attività nel centro di accoglienza in diocesi come si svolge?

Ascolto le famiglie, ma anche i singoli, che hanno varie problematiche da quelle esistenziali a quelle economiche. Ma quest’attività la svolgo anche nella mia parrocchia di Cerisano, incontrando gli anziani, soprattutto. Quest’attività di ascolto è ispirata dalla figura di Santa Gianna Beretta Molla, che vive il suo impegno battesimale pienamente in una vocazione di sposa e di madre, donandosi alla famiglia, ma svolgendo la sua attività anche sociale per il consultorio dell’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia.

Come descrive la comunità di Cerisano?

È una comunità ricca di tradizioni, attenta alla vita parrocchiale, ma che può crescere. La prima impressione che ho avuto arrivando a Cerisano è che le persone hanno bisogno di relazioni autentiche senza finzioni, incontrarsi e stare assieme, ma nello stesso tempo c’è la difficoltà ad instaurare queste stesse. Questo spinge me alla scoperta di una Parola e di una Liturgia sempre più di approfondimento, che possa anche indirizzarmi con più consapevolezza all’ascolto di questa necessità, che io sento, da parte della gente del luogo.

In cosa consiste il suo incarico diocesano, come membro dell’equipe, nell’ufficio catechistico?

Io mi occupo della formazione dei catechisti, organizzando dei corsi diocesani. Credo che sia importante aggiornarsi e attualizzarsi ai tempi. Non solo da un punto di vista didattico ma anche come trasmissione della fede e condivisione dei diversi percorsi, in un incontro con l’altro, secondo il principio della Chiesa universale che è la condivisione dell’ esperienza, nell’unico obiettivo della trasmissione della fede.

L’altro suo impegno è nel centro regionale delle vocazioni.

Mi occupo di promuovere la vita come vocazione e nelle specifiche chiamate, di vita religiosa e laicale. Cerco di dare indirizzi anche alle coppie che decidono di vivere una vita matrimoniale e di aiutarli nella loro relazione.

Il portale telematico del progetto per la prevenzione del diabete - Provincia di Cosenza

domenica 10 aprile 2011

C’è una croce che mi accompagna


Monsignor Leonardo Bonanno è stato ordinato
vescovo della diocesi di San Marco Argentano

Mezzoeuro del 2 Aprile 2011 numero 13 anno 10
Pillole di Fede - VoceGiovani


Un simbolo che porta sempre appeso al collo. Un regalo non di valore, ma importante, perché, ornato di pietre rosa, come la terra e l’immagine di Cristo.


“Questa croce è un caro affetto, non ha valore, ma l’ho voluta indossare in duomo, per due motivi, ci sono queste “pietre rosa”, come la terra, l’immagine di Gesù e tutto questo lavoro di filigrana. È stata acquistata da un amico in Russia, in un commercio locale, penso che la porterò nei momenti importanti”. Così spiega il simbolo della Croce Bizantina che porta al collo monsignor Leonardo Bonanno, vescovo della diocesi di San Marco Argentano.

Monsignore. L’arcivescovo della diocesi cosentina Nunnari, in cattedrale ha auspicato una collaborazione tra le due Diocesi …

La Chiesa cosentina è una Chiesa metropolita e la diocesi di San Marco è suffraganea, ovvio è che si debba collaborare con la Chiesa madre.Troveremo di certo i modi e le occasioni di manifestare questa collaborazione, con le iniziative comuni che ruoteranno attorno ai luoghi di culto propri del territorio di San Marco nel rinverdire le devozioni. Credo che anche tutta l’esperienza di governo svolta accanto al Vescovo, come vicario per il clero mi possa aiutare nello svolgere appieno il mio compito e cercare una vera collaborazione.

Un Consiglio che le ha dato il Vescovo Nunnari?

Di continuare nella mitezza, che lui ha riscontrato in me. Ciò mi commuove, perché io non mi sento totalmente così, forse, sono piuttosto semplice, non amo troppi sfarzi.

Ha avuto modo di rapportarsi già al territorio parrocchiale della sua diocesi?

Sono trascorsi tre mesi ormai dall’annuncio della mia investitura e ho una visione antologica del territorio: tanti sacerdoti a gruppi mi hanno fatto visita. Ho incontrato il mio Predecessore, e tante realtà di laici, ed alcuni Sindaci.

Originario di San Giovanni in Fiore …

È la mia culla, tutto il bene che ho potuto esprimere fino ad oggi nasce da lì. La mia famiglia mi ha sostenuto, anche se era molto preoccupata, per via delle difficoltà che nascendo dall’isolamento del territorio e con le abbondanti nevicate, incontravo nel perseguire i miei studi teologici. E da ciò una sensazione di reciproca solitudine ci accompagnava ad ogni mio viaggio. I miei mi hanno raggiunto nella vecchiaia a Sant’Aniello e hanno concluso la loro vita nella casa parrocchiale.

Il ricordo più bello della sua parrocchia Sant’Aniello?

Un entusiasmo grandissimo che da sempre accompagna la comunità di Sant’Aniello, che ha una pastorale organica, una grande presenza di nuclei familiari. Ma anche tante singole persone di vera umiltà che mi hanno chiesto aiuto negli anni del mio sacerdozio.

Ho sentito della sua ammirazione ad una donna e forse presto beata, del nostro tempo, Natuzza Evolo …

La stimo molto, anche se si devono attendere i tempi della Chiesa nel capire la sua santità, ma alcuni segni per me sono veri. Soprattutto a Sant’ Aniello c’è una famiglia che ha ricevuto dei segni particolari.