lunedì 7 febbraio 2011

Se non ci fosse stata la Chiesa ...


Per Pillole di fede, in Mezzoeuro, settimanale di informazione regionale, del 5 febbraio 2011, il racconto di ...

Fabrizio Roccas coordinatore del progetto “Memoria” della fondazione Cdec, comunità ebraica di Roma. Lui è testimone della deportazione dal ghetto ebraico di Roma nell’ottobre del 1943.


Il “discusso” Pio XII, che non avendo una posizione ben precisa contro la persecuzione degli Ebrei, in quest’ultimo periodo ha avuto un’inversione di tendenza o meglio un tentativo di comprenderne le paure. Come rappresentate della comunità ebraica che ha vissuto quel momento cosa si sente di dire al riguardo?

In quel preciso periodo storico ad essere pericoloso era tutto l’ambiente, ma questo si è capito solo adesso, ad averlo capito è soprattutto l’opinione pubblica. In quegli anni chi sapeva dell’orrore ne aveva paura e con giustizia per le conseguenze di una presa di posizione netta.
In quel momento il potere nazista e fascista era davvero enorme. Pur di vincere avrebbero potuto schiacciare tutto quando si frapponeva sul loro cammino e anche quelle opere pie che nel silenzio operavano, le avrebbero spazzate vie e chi ci avrebbe aiutato dopo. La mia famiglia si è salvata grazie alla chiesa, ci hanno nascosti e premetto che noi non avevamo alcuna relazione con i cattolici. Però, penso anche che non si sarebbero aperti tutti i luoghi religiosi, ordini e chiese, se non ci fosse stato un preciso ordine dall’alto e cioè dal Papa, perché il terrore era dilagante e solo un timore più grande quello di essere rigettati dalla Chiesa Cattolica poteva spalancare le porte della salvezza.

Che ricordo ha dei cattolici?

Sono grato di averci nascosti e mi sento di parlare a nome di tutti coloro che sono stati aiutati dal clero italiano. Il ricordo mio personale è legato ai miei genitori. In occasione della morte di Pio XII inviarono una lettera al Vaticano di ringraziamento perché noi ci siamo salvati grazie a loro. Oggi penso a quel documento che mi auguro abbiano conservato in qualche archivio e sto cercando di recuperarlo, se sarà possibile, anche solo consultarlo ed avere ulteriore conferma di ciò.

Che importanza assume questo ricordo alla luce della libertà di fede religiosa da più parte pretesa oggi, e con i fatti gravi d’intolleranza che accadono nel mondo?

Noi le barbarie dell’intolleranza religiosa le abbiamo attraversate fisicamente, ma credo che le religioni se sono accompagnate da un vero sentimento di amore per Dio si uniscono e si sostengono non si fanno guerra. Allora mi viene da riflettere sul vero sentimento che guida alcune azioni. Proprio ultimamente mettendo a posto delle vecchie carte datate e di famiglia ho trovato una lettera in cui il Vaticano ringraziava mia madre e mio padre della partecipazione ai funerali per la scomparsa di Pio XII. Qui ho riflettuto tantissimo di come nel silenzio, nel senso che per molto tempo non si è potuto parlare di ciò che è stato l’Olocausto, i rapporti tra le persone di fede diversa esistevano.

Parlavamo di questa consapevolezza del male da parte della chiesa cattolica, ma quando importante è la consapevolezza che conoscere sia indispensabile e come molto di ciò passi attraverso la cultura?

Sulla mia scrivania ci sono dei testi universitari dei tre esami che non ho mai fatto per poi avere la laurea. Stanno lì, però, a ricordarmi di come la cultura sia importante, la cosa che dico, infatti, ai giovani che nelle varie scuole incontro in occasione del giorno della memoria, e di studiare, perché studiare da una possibilità di scelta, senza cultura non si comprendono tante cose.

Oggi però sappiamo che ad essere stati artefici di queste cose, orribili, c’erano medici che facevano esperimenti su persone vive, soprattutto i nomadi, e tanta gente con cultura che ha preferito partecipare alla barbarie macchiandosi di crimini terribili…

L’avere cultura di certo non rende immuni dalla corruzione, ma pone tutti sullo stesso livello con una possibilità. Ci vogliono momenti, il giorno della memoria, nelle scuole e il racconto di chi è sopravvissuto. Ma, anche i tanti racconti quotidiani che possono provenire dalle persone anziane, dai nonni. Quando vado nelle scuole a portare la testimonianza dico sempre di ascoltare i nonni che hanno esperienza. E aggiungo con la vostra cultura e la loro esperienza formerete un essere umano.

Cos’è la memoria ?

È un incontro con chi non c’è più. Quando portiamo la testimonianza, mettiamo la kippah che è il copricapo dei religiosi, a simbolo del ricordo ed è in questo incontro, che tramite il racconto, chi non c’è la fatta vive. Raccontarci e anche raccontare di chi non c’è più dandogli una nuova nascita.